domenica 25 novembre 2018

Il viaggio

Si dice che la vita sia come un viaggio. Alcuni treni si perdono perché passano in anticipo rispetto a quando noi arriviamo, altre volte tardano così tanto che non siamo disposti ad aspettarli. Le coincidenze possono esserci, ma quasi sempre - come suggerisce il nome - sono affidate al caso. L’unica certezza del viaggio è che, comunque si arrivi, non è mai l’orario o il momento che si era preventivato. Addirittura si può scendere prima della destinazione prevista o assopirsi e perderla per sempre. I saggi sostengono che non è importante la meta ma il viaggio in sè. Io non sono un poeta né più un gran sognatore, quindi continuo a pensare alla mia destinazione.


lunedì 1 settembre 2014

Il mio Ice Bucket Challenge

In principio fu l'SMS, poi vennero le e-mail, i "Condividi" su Facebook e i retweet; la forma più perversa di interazione sociale forzata che accomuna questi mezzi di comunicazione è solo una: la catena di Sant'Antonio. Ho sempre odiato con tutto il mio animo e con tutto il mio corpo quella forma subdola di spam che faceva leva di volta in volta sulla scaramanzia ("se non mandi questo sms a 147 tuoi amici entro 23 secondi, la sfiga ti perseguiterà per l'intera vita terrena e, nel caso, ultraterrena!"), sulla pietas ("retweet per trapianto di cervello dell'ultimo esemplare di orso tigrato della Birmania #coglione") o sull'idiozia ("condividi anche tu i cuccioli più cucciolosi del web! Che amoriiiiiii! :-o :-) :-* ").
L'ultimo passaparola-social-virale, chiamatelo voi come volete, prende il nome di Ice Bucket Challenge. Per quei pochi che ancora non ne sapessero nulla, miei cari cavernicoli digitali, non metto nemmeno il link, fate copia/incolla su Google e sarete sommersi di video e spiegazioni. C'hanno sfrantumato i maroni Presidenti del Consiglio, ex inquilini della Casa Bianca, attori, modelle, cantanti, plurimiliardari, personaggi illustri e illustri sconosciuti; se nemmeno uno nell'arco di 5 km da dove siete ora ha pubblicato il suo video su YouTube probabilmente vi trovate qui.

MA...
Ma tutto sommato la cosa è partita con buone intenzioni (a ogni video o nomination dovrebbe corrispondere almeno un po' di beneficenza).
Ma tutto sommato l'iniziativa, pur se limitata (la ricerca contro la SLA), è lodevole.
Ma tutto sommato con un po' di creatività vengono anche fuori video divertenti.
Ma tutto sommato l'idea si può diversificare adattandola al proprio contesto.
Ma soprattutto sono stato nominato da un infido milanista.

QUINDI...
Quindi pure io alla fine ho ceduto e ho fatto un video, cercando di dare una mia personale interpretazione (non so se altri hanno avuto la mia stessa pensata, ma dal momento che non ne ho visti di simili, rimango con la convinzione della sua intrinseca originalità).
So che le cose non si dovrebbero spiegare, ma di solito il concetto vale per opere d'arte et similia: non essendo la mia "opera" nemmeno lontana parente di una cosa seria, preferisco scrivere due parole. L'idea alla base dell'IBC è, grosso modo, che la SLA rende i malati sempre meno capaci di muovere e controllare i muscoli del loro corpo, che si paralizzano così come dovrebbe accadere momentaneamente a una persona su cui viene gettata dell'acqua ghiacciata.
Io l'acqua non me la sono rovesciata addosso, me la sono tolta di dosso, così come spero che la ricerca aiuti a guarire le persone e a togliere loro di dosso la malattia.

"BELLE PAROLE, MA E' SOLO MARKETING"
Può essere. E non lo dico solo io (un articolo a caso ve lo linko, per il resto esiste sempre Google). Per questo motivo e soprattutto perché ho sempre avuto una certa allergia verso le raccolte fondi troppo spinte dai media e modaiole, ho deciso di devolvere il mio contributo in modo diverso da quanto normalmente si è fatto finora. La mia donazione va a persone e istituzioni che vedo ogni giorno coi miei occhi, del cui impegno nella ricerca conosco qualcosa in più, senza nulla togliere a tutte le altre realtà che fanno del Bene il loro motivo di essere. Io ho fatto il mio versamento all'Ateneo di Padova, che per la ricerca sulla SLA ha aperto un conto corrente apposito.
Mi resta sempre un po' di amaro in bocca quando sembra che siano le persone comuni a dover sostenere la ricerca, a fronte di Istituzioni che troppo spesso sprecano fondi in modi assai discutibili, ma almeno oggi non voglio essere populista, quindi facciamo anche noi la nostra parte e ricordiamoci sempre che il male non guarda in faccia nessuno e troppo spesso non è così distante da noi come crediamo.

La RICERCA è PROGRESSO, la RICERCA è MIGLIORAMENTO, la RICERCA è VITA.

E' pertanto con sommo piacere che accetto il guanto di sfida lanciatomi da Claudio e a mia volta nomino Monica e Luca Pieressa, Leda Muraro e Davide Rosa, Paolo Zampollo e Giuliana Gamba. Muovetevi finché le temperature ancora lo permettono e... aprite un po' sto portafoglio!!!


mercoledì 20 agosto 2014

Mare, profumo di mareee

Non c'è cosa peggiore di terminare l'ultimo giorno di lavoro e iniziare le ferie con la certezza di rimanere a casa e non poter partire per luoghi esotici (aaaah, le Maldive...) o meno (oooh, "Sozzo"marina...). Non c'è cosa migliore di decidere di punto in bianco di farsi quattro bei giorni in riviera romagnola. Sabato, ore 17.00: "Uff però, che palle! Senti dai, guardiamo se c'è qualche alternativa al nulla su quel box che ti hanno regalato per la laurea..." Sabato (lo stesso sabato), ore 19.00: "Tutto ok, prenotato fino a mercoledì! Oh, ma davvero tu prima non eri mai stata a Rimini?!"
Bellaria-Igea Marina, anzi Igea Marina, insomma facciamo Rimini. Alberghetto 3 stelle, bed & breakfast (molto breakfast, tantissimo breakfast, da morire di breakfast!), 100 metri dalla spiaggia. Troppo lungo raccontare tutto (sì, non sono stati tre mesi in Nepal e India, o sopra il massiccio del Karakorum, ma insomma datemi sta soddisfazione essuddài!), quindi procedo per immagini, che poi è pure più bello no? Ndr: no, Lei non c'è sulle foto, né mai ci sarà probabilmente; stavo pure pensando di comprarle i diritti d'immagine, ma a questo punto credo mi costerebbero meno quelli di Sandra Bullock).



Le Frecce tricolori. Il brutto tempo e le Frecce tricolori. Il brutto tempo, le Frecce tricolori e le madonne tirate giù dal responsabile del bagno 74 che delle Frecce tricolori ha fatto la sua ragione di vita nella prima settimana di agosto. Vecchio, mi dispiace per le nuvole, ma il loro spettacolino l'hanno fatto e tu le tue belle fotine pure. 'Sta senza penzier.


La piadina romagnola. Quella fatta a mano, col crudo, con il roast beef, soprattutto con Sua Maestà lo Squacquerone e la consorte Magneficentissima Rucola. Ne abbiamo mangiate almeno una al giorno, una dieta fatta di gelati e piadine, piadine e gelati. E di imponenti colazioni, che se tutti i clienti fossero stati come noi, l'albergo ora sarebbe in fallimento.


L'acqua limpida. No, non è la Sardegna, giurin giurello che è alto Adriatico. E io che credevo che qui al nord ce la giocassimo solo tra mucillagini e alghe. Anvédi. Poi l'ultimo giorno a Rimini l'acqua era sempre quella bella densa e scura delle nostre zone, ma i primi tre giorni guarda, una meraviglia. Saluti dal granchio che poche ore dopo m'ha pure pizzicato. Te possino...


La gita notturna in nave. Lo so, non c'è la nave, ma non importa, immaginatela come una motonave da Amarcord, una giusta via di mezzo tra sobrietà e kitsch spinto, con le bandierine multicolore e il capitano che parla agli ospiti stranieri in un russo fortemente colorito di Romagna, un po' vodka un po' Sangiovese. La cosa più bella è stata proprio l'attesa su questo minuscolo pontile, che a guardare giù sembrava di sprofondare negli abissi e a guardare avanti, oltre il vento, c'era la curvatura del mondo (in realtà sono poco più di 40 cm d'acqua e la Croazia è lì lì).


Le razze. All'acquario di Cattolica si facevano accarezzare, sbucavano fuori dall'acqua con le loro ali e tu potevi poggiare la mano su quel pescione setoso e morbido. "Oh, ma hai sentito che bello tosto, che sodo? Che bella polpa, questo xe bòn!" dice Lei. E quindi la sera niente, che dovevo fare, mica potevo smentirla, anzi le ho dato pienamente ragione: alla catalana la razza è favolosa.

Avrei un'altra cinquantina di foto, ma mi fermo qui, meglio no? Tutto bello, bellissimo e chi se ne frega dei due giorni di pioggia su quattro. Le uniche foto che non posso mettere sono purtroppo quelle a cui tengo di più, quelle che ritraggono lo spettacolo più bello che ho visto a Bellaria, a Rimini, ma che vedo sempre anche quando sono a Sottomarina, Asiago, Lisbona, Roma, Este, Padova, Montagnana: Lei.

PS: se guardate bene comunque dietro a 'sto fantasioso bicchiere qualcosa si intravede... ;-)


lunedì 12 agosto 2013

Gitarelle domenicali

Dopo l'indimenticabile gita di qualche settimana fa sul Pasubio (52 gallerie, 17 km a piedi, ritorno reso difficile da acquazzone epico, panorami stupendi) e memori delle relative fatiche, io, Lei e gli Sposini ieri siamo andati al Parco delle cascate di Molina (VR). Credo sia stata la mia prima volta in Lessinia, ma effettivamente i luoghi sono molto belli e varrà la pena ritornarci, magari evitando i percorsi impervi prospettati dalle due donne che oramai si credono provette alpiniste...
Va detto subito che il cammino attraverso il parco (entrata 5 euro) è a misura di famiglie e bambini: percorsi sicuri e puliti, a discapito in alcuni passaggi della naturalezza del paesaggio, gran parte di salite e discese si fanno su gradoni artificiali, dove il rischio di scivolare è ridotto al minimo - tranne per lo Sposo che ieri pareva aver montato un set di gomme molto lisce - ma dove a volte lo sforzo per salire è decisamente maggiore. Da bravi scalatori in erba abbiamo scelto il percorso nero, che si distingue dal rosso e dal verde semplicemente per la lunghezza di percorrenza, non superiore comunque alle due ore, e per un brevissimo tratto di pendenza maggiore. Insomma, messi insieme tutti questi elementi, ne è scaturita davvero una bella gita fuori porta piuttosto che una sfiancante sessione di escursionismo! L'arrivo sul posto lasciava già presagire la rilassatezza che ci avrebbe accompagnato per il resto del cammino: area pic-nic e immediato svuotamento delle borse frigo. Ci sarebbe da aprire un grosso dibattito sulla differenza sostanziale tra il pane vero col salame ungherese degli Sposini e il nostro pane da tramezzino con Philadelphia, crudo e insalata, ma Lei aveva preso questa decisione e quindi a poco sono valse le mie lagnanze sullo scarso apporto energetico e gustativo di tale soluzione. Non mi dilungherò su questo argomento, poiché sono già stato minacciato di future ritorsioni e non voglio passare il resto della mia vita alimentare a pane bianco molle che si appiccica sui denti ad ogni morso.
Le cascate da cui prende il nome il parco sono circa una decina, sparse lungo il percorso, di dimensioni piccole e medie, forse un po' povere d'acqua nella stagione estiva. Detto ciò, quella poca che ne rimane è freschissima e non si può non fare almeno un bagno ai piedi (per dovere di cronaca: sono stato l'unico ad avere l'ardire di farlo, ma i piedi ancora ringraziano per la frescura). Il solo elemento di disturbo nella quiete meravigliosa del posto sono i bambini. Era pieno di minuscoli esemplari d'uomo vocianti e urlanti! Io non capisco perché e come alcuni esseri viventi riescano ad emettere tanti e continui ultrasuoni; ci sono stati momenti in cui credo che la situazione fosse tale da sradicare qualsiasi senso di maternità/paternità anche dalle persone più inclini a moltiplicarsi. I turisti dovrebbero essere forniti anche di appositi tappi per le orecchie per godersi appieno la passeggiata. Ma, alla fin fine, che gli puoi dire a 'sti marmocchi se pure Lei e la Sposina si sono messe in coda per un giro sull'altalena della cascata? Niente, assolutamente niente. Si sta lì, con borse in spalla a fare foto e video alle ritornate fanciulle che urlano e sorridono come quando si giocava a nascondino...

PS: anche io avrei voluto fare un giro sull'altalena! Maledetto senso del pudore...

Il piacere di ritrovare un mio lontano parente...

Panorama

giovedì 8 agosto 2013

C'è solo un Capitano!

Ci sono momenti nella vita in cui capisci chiaramente e senza ombra di dubbio che il tempo passa, il nostro presente cambia e i ricordi mutano in immagini sbiadite di una realtà ormai irrecuperabile. Triste? Certamente sì. Ma lo scorrere veloce dell'esistenza non ha accesso a quella parte della nostra mente che continua gelosamente a custodire tutte le emozioni più importanti, passate, presenti e future. Ieri sono riuscito a rivivere un po' di quelle emozioni e a sentire quella nostalgia che porta con sé un mondo intero. Per Padova-Sydney (amichevole del ritorno in Italia contro la squadra in cui debuttò) credo che più di metà dei 16.000 allo stadio Euganeo sia stata lì solo a osannare Del Piero.


Vidi il Capitano nel novembre 1995 a San Siro. Innamorato di quella Juventus che era da poco tornata agli antichi splendori sotto la guida di Marcello Lippi, non esitai a chiedere a mio zio (tecnicamente cugino di mia mamma, ma familiarmente "zio Lino") di portarmi con sé a vedere il mio idolo, l'erede di Baggio, il giovane che stava bruciando le tappe e aveva appena inventato un gol che porterà sempre il suo nome (il tiro dal limite sinistro dell'area, a rientrare sul secondo palo, non è stato di certo inventato da lui, né è solo sua prerogativa, ma per stagioni intere il Capitano è sempre stato letale da quella zolla). Il fatto di dovermi infiltrare in un club rossonero e di finire nella curva milanista non fu certo un problema. E nemmeno vedere il Milan in doppio vantaggio dopo appena un quarto d'ora di gioco. Esultare al gol inutile ma splendido di Pinturicchio in mezzo ai tifosi avversari fu semplicemente una gioia folle.
Da quel giorno i poster di Alex in camera mia aumentarono di numero, tutti intorno a quello magnifico di lui con le roi Michel Platini negli spogliatoi di Roma ad alzare insieme al nuovo 10 bianconero la coppa con le grandi orecchie. Da quel giorno sono passati quasi vent'anni di tifo più o meno impetuoso e di ammirazione totale per l'uomo e il giocatore Del Piero, attraverso vittorie e sconfitte (la più bruciante quella in finale di Champions col Borussia Dortmund: anche là un capolavoro reso inutile dalla sconfitta), cadute tremende e rinascite inaspettate.


Il calcio non è la vita, può essere al limite una passione, un hobby, uno svago, uno dei tanti modi di fare esercizio fisico, un lavoro. Ma quando quella passione diventa elemento di congiunzione, un filo rosso che, sotto sotto, si intreccia a tutti i fili della nostra storia, le cose cambiano. Ieri sera l'estremità del mio filo rosso è venuta allo scoperto, dopo vent'anni passati ad essere solamente una parte di per sé insignificante del vestito che avevo cucito addosso. Il Capitano era sulle pagine del mio diario del liceo, mi ha consolato coi suoi gol durante le prime delusioni amorose, era a volte il mio unico momento di svago - il mercoledì e la domenica - mentre studiavo otto ore al giorno per gli esami in Conservatorio, e molto altro ancora. Per un periodo fu addirittura il ragazzo che avrei voluto essere: padovano (d'adozione) come me, col sogno realizzato di diventare un calciatore e l'umiltà mantenuta sempre nonostante il peso delle responsabilità. Quando l'anno scorso la sua strada si divise da quella della Juventus l'amarezza fu grande, così come la sensazione che fosse finita un'epoca. Vederlo ieri in campo è stata una gioia infinita e al tempo stesso la certezza che un'intera fase della mia vita è ormai dietro le spalle. Si è forse simbolicamente chiuso un cerchio aperto nel lontano 1995, l'anno della svolta per me, l'anno in cui divenni forse davvero più maturo, certamente più sicuro di me e meno in balia del mondo che mi circondava. Ma è stata comunque una bella sensazione, di ritorno dallo stadio, addormentarmi con le fotografie della mia adolescenza nella mente e nel sorriso la speranza del mio futuro.
"Un Capitano, c'è solo un Capitano, un Capitaaaano, c'è solo un Capitaaaano!"